Il caso
una madre, a seguito della morte del figlio per incidente stradale, adiva il Tribunale di Bologna per ottenere il riconoscimento del danno da perdita parentale.
Con memoria 183 VI comma n. 2, pretendeva il riconoscimento del "danno morale soggettivo" inteso però quale danno psichiatrico sofferto a seguito della more del figlio. Avverso la sentenza che rigettava per tardività quest'ultima domanda, la danneggiata adiova la Corte d'Appello, che tuttavia respingeva anch'essa la domanda, confermando la sentenza di prime cure.
Cos'è il danno non patrimoniale
Sinteticamente, all'interno dell'unica categoria rappresentata dal "danno non patrimoniale", così come ontologicamente riconosciuto dalle famose sentenze "gemelle" della Cassazione a Sezioni Unite del 2008, coesistono tre componenti distinte: il danno biologico, il danno morale (oggettivo) e il danno esistenziale (soggettivo).
Per danno biologico
si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che determina un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. Possiamo dunque ricondurre il danno biologico a qualsiasi fatto illecito che risulti essere lesivo rispetto al bene salute.
Il danno morale (soggettivo)
è la sofferenza soggettiva di natura transitoria o permanente cagionata da fatto illecito, considerato tendenzialmente reato. Tale aspetto è di difficile quantificazione in quanto non è suscettibile di valutazione oggettiva vincolata da elementi fissi e certi ma risulta essere al contrario, oggetto di una concreta personalizzazione rispetto al caso specifico rendendolo di critica intuizione e dimostrazione; è pertanto sottoposto a dei limiti molto stringenti: si tende a considerare solo se c’è prova del danno e se la lesione riguarda un diritto costituzionale o un bene fondamentale della persona.
Il danno morale oggettivo (esistenziale) è considerato quale compromissione delle attività realizzatrici della persona umana, come ad esempio la lesione della serenità familiare, che si distingue sia dal danno biologico, in quanto non prevede il sussistere di una lesione fisica, sia dal danno morale poiché non costituisce una sofferenza di tipo soggettivo.
La Corte di Cassazione pur contestando la divisione in categorie del danno non patrimoniale, non esclude che queste, come sopra riportate, possono essere usate semplicemente per descrivere il tipo di danno non patrimoniale che un soggetto ha ricevuto; di conseguenza sarà possibile chiedere tutti i danni non patrimoniali che sono stati subiti secondo la combinazione delle regole previste ex art. 2043 e 2059 cc, distinguerli arbitrariamente per meglio evidenziarli, ma ciò non lo renderà suscettibile di divisione in categorie poiché è il danno non patrimoniale è sostanzialmente unico.
La decisione del Corte di Cassazione
E' proprio sull'inammissibilità di duplicare le voci di danno pur rientranti nella macro categoria del "danno non patrimoniale" che gli Ermellini hanno optato per il rigetto del ricorso; la danneggiata infatti, avendo omesso di dedurre in citazione (sia nel thema decidendum che nel petitum) il danno biologico asseritamente sofferto, è incappata nella legittima pronuncia di rigetto della domanda, introdotta solo allesito delle memorie istruttorie.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha ritenuto che, accolta la domanda di risarcimento del danno parentale, nella misura di 230.000.00 euro per ciascun genitore, correttamente fosse stata rigettata la ulteriore pretesa relativa alla liquidazione separata del “danno morale soggettivo” della madre, inteso dalla parte come “equivalente al danno biologico”, trattandosi di pregiudizio non specificamente allegato nell’atto introduttivo.