Il caso
Due donne cittadine italiane omosessuali, sposate in unione civile, chiedevano il riconoscimento con doppia maternità della bambina concepita con fecondazione assistita avvenuta all’estero ma nata in territorio italiano.
Il rifiuto di scrivere il nome di entrambe le donne in qualità di “madre naturale” e “madre intenzionale” da parte dell’ufficiale di stato civile, era stato avvallato in primo grado dal Tribunale di Treviso e in secondo grado dalla Corte d’Appello di Venezia.
Le tecniche della procreazione medicalmente assistita regolate dalla legge 40 del 2004.
Nel corso degli anni tale legge ha subito notevoli cambiamenti in relazione alle possibili tecniche di fecondazione.
Oggi in Italia è possibile:
L’accesso alle tecniche di PMA, sia da coppie infertili che da coppie fertili portatrici di malattie genetiche.
La diagnosi genetica del pre impianto, sia per coppie fertili sia per quelle infertili, ai fini di ricerca di possibili anomalie genetiche o cromosomiche nell’embrione.
Il ricorso alla fecondazione eterologica solo alle coppie eterosessuali
La crioconservazione degli embrioni per poter permettere l’utilizzazione degli stessi in un secondo momento.
Oggi in Italia non è possibile:
Ricorrere alla maternità surrogata, ovvero il divieto che che consiste nel ricorrere a una donna esterna alla coppia per portare in avanti la gravidanza.
Il ricorso alla fecondazione eterologica per donne single o coppie omosessuali.
L’accesso alla PMA non è consentito ai cd “genitori-nonni”, in quanto la legge italiana vieta la fecondazione assistita a chi è in menopausa o in andropausa.
Fecondazione post-mortem, ovvero l’utilizzo degli spermatozoi del marito o del compagno defunto.
A fronte di tali divieti posti in essere dall’ordinamento italiano, sono molte le coppie che ogni anno scelgono di sottoporsi a trattamenti di fecondazione assistita all’estero, specialmente in paesi quali Austria, Danimarca, Finlandia, Spagna, Francia, Grecia, Gran Bretagna, Repubblica Cieca, Stati Uniti, Svezia.
La decisione della Cassazione
La Cassazione con sentenza n°7668/2020 ha respinto il ricorso delle due donne affermando che, i bambini nati in Italia ma concepiti all’estero con PMA, possono avere una sola mamma che li riconosce, ovvero quella biologica che partorisce. La coniuge allo stato anagrafico non potrà di contro, essere riconosciuta come “madre intenzionale”, quindi come genitore.
La ratio di decisione decisione da parte degli Ermellini, che conferma l'operato dell'ufficiale di stato e le successive sentenza rispettivamente del Tribunale di Treviso e della corte d'Appello di Venezia, risiede nel fatto che "una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell'atto di nascita, in virtù di un rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato". Questa norma, hanno aggiunto i supremi giudici, "è attualmente vigente all'interno dell'ordinamento italiano e, dunque, applicabile agli atti di nascita formati o da formare in Italia, a prescindere dal luogo dove sia avvenuta la pratica fecondativa".