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Malattia e vacanze al mare: è legittimo il licenziamento?

websitebuilder • 10 luglio 2020

Cassazione: recarsi al mare e risultare assente alle visite domiciliari durante il periodo di malattia legittima il licenziamento in quanto sufficiente a ledere il rapporto fiduciario.

Il caso
La Cassazione si è espressa in merito ad una controversia che vede coinvolto un dipendete, licenziato dalla società presso la quale prestava servizio, in quanto durante il periodo di malattia è risultato assente alle visite domiciliari e, a seguito di indagini compiute dagli investigatori incaricati, è stato sorpreso in vacanza al mare.
Il lavoratore impugnato il licenziamento ma sconfitto sia in primo che in secondo grado, ricorreva in Cassazione, contestando la legittimità e l'erronea conclusione cui era giunta la Corte d'Appello nel ritenere i fatti accertati “idonei a ritardare la guarigione o ad aggravare la condizione di salute”. In secondo luogo, il lavoratore contestava l'assenza del presupposto fondativo della misura risolutoria del rapporto, ovvero la non gravità della propria condotta (irreperibilità nelle due visite mediche di controllo ed allontanamento da casa nei giorni documentati a seguito dell'attività investigativa)  rispetto alla misura disciplinare.  

Il licenziamento disciplinare è legittimo?
La legge non stabilisce chiaramente le regole alle quali deve attenersi il lavoratore dipendente; il codice civile prevede infatti soltanto il rispetto di tre doveri fondamentali: diligenza, obbedienza e fedeltà.
Il datore, sulla base dei contratti collettivi o dei regolamenti aziendali, può comminare sanzioni disciplinari nei confronti dei propri dipendenti, fino a ricorrere al licenziamento disciplinare.
Il licenziamento disciplinare è un licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, causato dal comportamento stesso del lavoratore che induce il datore a ricorrere alla sanzione risolutoria del rapporto di lavoro. 
La condotta del lavoratore, sinteticamente,  può costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento a seconda della gravità del comportamento:
- il licenziamento per giusta causa: si verifica nei casi in cui il comportamento del dipendente sia grave al punto di non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro.
- il licenziamento per giustificato motivo soggettivo: si verifica nei casi in cui il comportamento del dipendente abbia determinato un notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore, quali obbedienza, diligenza e fedeltà, senza però essere così grave da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto in via provvisoria. L’inadempimento realizzato deve consistere in una lesione di un interesse rilevante nei confronti del datore di lavoro.

La decisione della Cassazione
La Cassazione con ordinanza n. 13980/2020 ha rigettato il ricorso del dipendente che ha subito il licenziamento disciplinare per aver espletato un’altra attività extralavorativa durante il periodo di malattia.
Gli ermellini si erano già precedentemente espressi con due sentenze storiche le quali rispettivamente vedevano coinvolti due lavoratori per aver compiuto attività durante il periodo di malattia che risultavano essere incompatibili con lo stato di indisponibilità del dipendente, quindi come potenziale causa di rallentamento della guarigione.
Nello specifico la sent 139955/15 vedeva coinvolta una lavoratrice che avvalendosi del congedo di malattia svolgeva attività di imbiancatura presso la propria casa, valutata come possibilità, secondo la corte, di aggravare e compromettere la sua idoneità lavorativa.
La sent 26290/2013 coinvolgeva un lavoratore che durante il periodo di malattia si trovava a svolgere altra attività lavorativa presso una struttura di ristoro nel quale lavorava la moglie, dimostrando di fatto l’inidoneità dello stato di malattia denunciata dal dipendente stesso.

Nel caso specifico, secondo gli Ermellini, il comportamento del dipendente -recatosi al mare- non risulta essere compatibile con il proprio stato patologico e dunque potenzialmente idoneo a ritardare il proprio stato di guarigione e ad aggravare il proprio stato di salute, da intendersi dunque quali elementi rilevanti ai fini disciplinari e lesivi in modo irreversibile del vincolo fiduciario.
Inoltre, l’onere posto a carico del lavoratore in malattia di rendersi reperibile presso la propria abitazione “non ammette forme equivalenti di controllo”, ragion per cui, la mancata presenza alla visite domiciliari, accompagnata dalle indagini compiute degli investigatori privati che hanno appurato ulteriori assenze ingiustificate, sono state ritenute sufficienti ai fini di rilevare una lesione del rapporto fiduciario e dunque una incompatibilità con il proprio stato di malattia.
In definitiva, in caso di mancata prestazione lavorativa a causa di malattia del dipendente, il comportamento di quest'ultimo va valutato in rapporto ai principi di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 Cc che debbono presiedere all'esecuzione del contratto e che, nel rapporto di lavoro, fondano l'obbligo in capo al lavoratore subordinato di tenere, in ogni caso, una condotta che non si riveli lesiva dell'interesse del datore di lavoro all'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa. 
Scarica sentenza 13980/2020 Cassazione
Autore: Avv. Veronica Luperini 2 novembre 2023
Il termine "sharenting" si riferisce alla pratica dei genitori di condividere costantemente contenuti online riguardanti i propri figli, come foto, video e ecografie. Questo neologismo deriva dall'unione delle parole inglesi "share" (condividere) e "parenting" (genitorialità). La pubblicazione in rete delle foto/video dei propri figli può comportare numerosi rischi che minacciano la privacy e la sicurezza dei minori tra cui: violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali anche sensibili; mancata tutela dell’immagine del minore che a causa della permanenza in rete e dell’inevitabile perdita di controllo da parte dei genitore sul contenuto postato può essere utilizzata per fini impropri da parte di terzi (es. pedopornografia, ritorsioni etc); ripercussioni psicologiche sul minore rischiando di ritrovarsi con un'identità digitale costruita su immagini di cui non ha dato il proprio consenso, rischio di adescamento da parte di malintenzionati che possono sfruttare dati ed abitudini dei minori esposti online. Incremento episodi cyberbullismo E’ importante prestare attenzione quando si decide di pubblicare tali contenuti e seguire i suggerimenti forniti dal Garante della privacy tra cui: ✔️rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per "pixellare" i volti) ✔️coprire i volti con una “faccina” emoticon; ✔️limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea; ✔️evitare la creazione di un account social dedicato al minore; ✔️leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo le fotografie.
Autore: Paolo Mascitelli 30 ottobre 2023
La retribuzione minima stabilita da un contratto collettivo nazionale sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative non basta a garantire il rispetto del principio di sufficienza e proporzionalità dettato dall’articolo 36 della Costituzione. La Corte di cassazione ha stabilito che anche in presenza di un accordo collettivo, spetta in ogni caso al giudice il potere di valutare la congruità del salario minimo stabilito dalle parti sociali, mediante una verifica costituzionalmente orientata di tale misura. Dalla "corretta lettura" dell’articolo 36 della Costituzione, infatti, la Corte giunge a ricavare il principio secondo cui ciascun lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Secondo la Corte (sentenze 27711 e 27769 del 2 ottobre 2023) l'articolo 36 della Costituzione evidenzia due diritti distinti ma interconnessi: il diritto a una retribuzione " proporzionata " in base alla quantità e qualità del lavoro e il diritto a una retribuzione " sufficiente" che assicuri una vita dignitosa per il lavoratore e la sua famiglia. La valutazione della congruità del salario minimo diventa, quindi, una valutazione flessibile dipendente dal contesto economico e sociale in evoluzione. La Corte ha introdotto un nuovo punto di vista sostenendo che per determinare il salario minimo non si debba considerare solo la soglia di povertà assoluta calcolata dall'Istat ma anche i concetti di sufficienza e proporzionalità. La Corte fa riferimento alla direttiva dell'Unione Europea sui salari adeguati che incoraggia gli Stati membri a garantire non solo i bisogni essenziali ma anche la partecipazione a attività culturali, educative e sociali. La valutazione che il giudice è chiamato a svolgere in merito alla congruità del salario minimo è dunque una valutazione fluida , dipendente dal contesto economico in evoluzione e non cristallizzata in parametri intangibili. Secondo gli Ermellini, quindi, si deve garantire al lavoratore una vita non solo non povera, ma anche dignitosa. In questo senso la Corte fa espresso riferimento alla recente direttiva Ue sui salari adeguati (n. 2022/2041) che sprona gli Stati membri a dotarsi di legislazioni nazionali orientate a garantire non solo il soddisfacimento di meri bisogni essenziali (quali cibo, alloggio, e così via) ma anche la legittima partecipazione ad attività culturali, educative e sociali. La direttiva Ue propone alcuni parametri per adeguare il salario minimo, come il potere d'acquisto dei salari rispetto al costo della vita e la distribuzione dei salari. Questo rappresenta un cambiamento rispetto alla precedente giurisprudenza che si concentrava su parametri come l'indice Istat di povertà o l'importo della Naspi o del reddito di cittadinanza. La Corte di Cassazione invita a valutare con prudenza gli scostamenti dalla contrattazione collettiva, ma le recenti sentenze rischiano di creare incertezza , passando dalla certezza dei contratti collettivi a un potenziale eccesso di discrezionalità nelle aule di tribunale. La massima: "Il giudice può discostarsi dal Contratto collettivo Il giudice deve fare riferimento innanzitutto alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può tuttavia motivatamente discostarsi, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’articolo 36 della Costituzione. Per la determinazione del giusto salario minimo il giudice può usare come parametro la retribuzione stabilita in altri contratti collettivi di settori affini e può fare altresì riferimento a indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022. Cassazione civile, sez. lavoro, 2 ottobre 2023 n. 27711 e n. 27769" Di altro avviso è il Tribunale di Milano che invece richiama espressamente la "prudenza" nel discostarsi dal salario indicato dal CCNL leader: "Ove la retribuzione prevista nel contratto di lavoro risulti inferiore alla soglia minima di sufficienza in base all’articolo 36 della Costituzione, il giudice adegua la retribuzione secondo i criteri costituzionalmente garantiti, con valutazione discrezionale. Ove però la retribuzione sia prevista da un contratto collettivo, il giudice è tenuto a usare tale discrezionalità con la massima prudenza, cura e attenzione e comunque con adeguata motivazione, giacché difficilmente è in grado di apprezzare le esigenze economiche, politiche e sindacali sottese all’intero assetto degli interessi concordato dalle parti sociali nel confronto che porta alla stipulazione del contratto collettivo. Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, 21 febbraio 2023 
Autore: Paolo Mascitelli 14 marzo 2023
La Cassazione torna a chiarire il "fenomeno" della colpa d'organizzazione rilevante ai sensi della punibilità dell'ente ex D.Lgs 231
Autore: PAOLO MASCITELLI 21 dicembre 2022
C orte di Cassazione , Sezione 4 , Penale , Sentenza 21 settembre 2022  n. 34943
Autore: Paolo Mascitelli 17 novembre 2022
Alla ricerca di una soluzione al problema di conformità.
Autore: Paolo Mascitelli 12 maggio 2022
Secondo la Cassazione n. 14760/22 è l egittimo il licenziamento della cassiera di un supermercato che per vincere i premi "cd fedeltà" carica i punti sulla propria carta, quando i clienti abbiano dimenticato o non abbiano proprio la tessera. Il caso A fronte del licenziamento disciplinare subito per i fatti in premessa, la dipendente assumeva a propria difesa la propria estraneità, deducendo che negli orari e nei giorni in cui risultavano eseguiti i fatti, ella si era alzata dalla propria postazione. I giudici di merito respingevano l'impugnazione, facendo gravare sulla dipendente l'onere della prova esimente, ritenendo già comprovata in via documentale la prova della giusta causa, in quanto tale fatto di per sé mina alla radice il rapporto fiduciario anche in ottica futura. Approdati dinanzi al giudice di legittimità, la Cassazione ha concluso per la legittimità della sanzione in funzione anche degli obblighi aziendali discendenti dal particolare rapporto di lavoro esistente tra le parti.T 
Autore: Paolo Mascitelli 22 febbraio 2022
Qualsiasi forma idonea a manifestare, chiaramente ed inequivocabilmente, la volontà di avvalersi dell'attività e dell'opera del professionista integra il presupposto necessario per dimostrare la debenza del compenso.
Autore: Paolo Mascitelli 3 marzo 2021
La Cassazione con ordinanza 5077/2021 rigetta il ricorso della ex moglie ed esclude il diritto all'assegno di divorzio, ribadendo le motivazioni già affermate dai giudici di secondo grado. Le indagini difensive del marito erano infatti in grado di fornire prova del fatto che la donna, nonostante le dimissioni formali al proprio datore di lavoro, continuava a prestare di fatto servizio nello studio professionale. Inoltre i problemi di salujte accusati dalla donna quali impedimenti per costituire forza lavoro autonoma e garantirsi un impiego, non si dimostrano fondati in quanto risulta essere nelle piene capacità lavorative.
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