Il caso
La Cassazione si è espressa in merito ad una controversia che vede coinvolto un dipendete, licenziato dalla società presso la quale prestava servizio, in quanto durante il periodo di malattia è risultato assente alle visite domiciliari e, a seguito di indagini compiute dagli investigatori incaricati, è stato sorpreso in vacanza al mare.
Il lavoratore impugnato il licenziamento ma sconfitto sia in primo che in secondo grado, ricorreva in Cassazione, contestando la legittimità e l'erronea conclusione cui era giunta la Corte d'Appello nel ritenere i fatti accertati “idonei a ritardare la guarigione o ad aggravare la condizione di salute”. In secondo luogo, il lavoratore contestava l'assenza del presupposto fondativo della misura risolutoria del rapporto, ovvero la non gravità della propria condotta (irreperibilità nelle due visite mediche di controllo ed allontanamento da casa nei giorni documentati a seguito dell'attività investigativa) rispetto alla misura disciplinare.
Il licenziamento disciplinare è legittimo?
La legge non stabilisce chiaramente le regole alle quali deve attenersi il lavoratore dipendente; il codice civile prevede infatti soltanto il rispetto di tre doveri fondamentali: diligenza, obbedienza e fedeltà.
Il datore, sulla base dei contratti collettivi o dei regolamenti aziendali, può comminare sanzioni disciplinari nei confronti dei propri dipendenti, fino a ricorrere al licenziamento disciplinare.
Il licenziamento disciplinare è un licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, causato dal comportamento stesso del lavoratore che induce il datore a ricorrere alla sanzione risolutoria del rapporto di lavoro.
La condotta del lavoratore, sinteticamente, può costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento a seconda della gravità del comportamento:
- il licenziamento per giusta causa:
si verifica nei casi in cui il comportamento del dipendente sia grave al punto di non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro.
- il licenziamento per giustificato motivo soggettivo:
si verifica nei casi in cui il comportamento del dipendente abbia determinato un notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore, quali obbedienza, diligenza e fedeltà, senza però essere così grave da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto in via provvisoria. L’inadempimento realizzato deve consistere in una lesione di un interesse rilevante nei confronti del datore di lavoro.
La decisione della Cassazione
La Cassazione con ordinanza n. 13980/2020 ha rigettato il ricorso del dipendente che ha subito il licenziamento disciplinare per aver espletato un’altra attività extralavorativa durante il periodo di malattia.
Gli ermellini si erano già precedentemente espressi con due sentenze storiche le quali rispettivamente vedevano coinvolti due lavoratori per aver compiuto attività durante il periodo di malattia che risultavano essere incompatibili con lo stato di indisponibilità del dipendente, quindi come potenziale causa di rallentamento della guarigione.
Nello specifico la sent 139955/15 vedeva coinvolta una lavoratrice che avvalendosi del congedo di malattia svolgeva attività di imbiancatura presso la propria casa, valutata come possibilità, secondo la corte, di aggravare e compromettere la sua idoneità lavorativa.
La sent 26290/2013 coinvolgeva un lavoratore che durante il periodo di malattia si trovava a svolgere altra attività lavorativa presso una struttura di ristoro nel quale lavorava la moglie, dimostrando di fatto l’inidoneità dello stato di malattia denunciata dal dipendente stesso.
Nel caso specifico, secondo gli Ermellini, il comportamento del dipendente -recatosi al mare- non risulta essere compatibile con il proprio stato patologico e dunque potenzialmente idoneo a ritardare il proprio stato di guarigione e ad aggravare il proprio stato di salute, da intendersi dunque quali elementi rilevanti ai fini disciplinari e lesivi in modo irreversibile del vincolo fiduciario.
Inoltre, l’onere posto a carico del lavoratore in malattia di rendersi reperibile presso la propria abitazione “non ammette forme equivalenti di controllo”, ragion per cui, la mancata presenza alla visite domiciliari, accompagnata dalle indagini compiute degli investigatori privati che hanno appurato ulteriori assenze ingiustificate, sono state ritenute sufficienti ai fini di rilevare una lesione del rapporto fiduciario e dunque una incompatibilità con il proprio stato di malattia.
In definitiva, in caso di mancata prestazione lavorativa a causa di malattia del dipendente, il comportamento di quest'ultimo va valutato in rapporto ai principi di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 Cc che debbono presiedere all'esecuzione del contratto e che, nel rapporto di lavoro, fondano l'obbligo in capo al lavoratore subordinato di tenere, in ogni caso, una condotta che non si riveli lesiva dell'interesse del datore di lavoro all'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa.