La lettura dei provvedimenti offre lo spunto per alcune riflessioni non solo afferenti alla materia del telemarketing ma più in generale su vari aspetti che riguardano la gestione aziendale dei dati personali dei propri clienti e la progettazione di un sistema adeguato di protezione e conservazione degli stessi.
Il telemarketing e la gestione dei consensi degli interessati
Non è la prima volta che il Garante sanziona grossi operatori economici a fronte di prassi operative di telemarketing contrarie al GDPR; nei confronti della Wind Tre, in particolare, il Garante ha ravvisato sussistere importanti violazioni al GDPR in relazione alle modalità di raccolta e revoca del consenso degli interessati alle attività promozionali ma ad onor del vero anche ad Iliad sono state contestate violazioni inerenti la raccolta dei consensi, ritenuta illegittima in quanto accorpata all’accettazione globale di plurime finalità del trattamento indicate nelle informative privacy ad esse collegate.
Grazie ad una puntuale attività istruttoria il Garante ha appurato che la Wind Tre trattava i dati per finalità promozionali in base a consensi rilasciati nel biennio 1998/1999, con ciò palesemente violando il principio che impone tempi di conservazione proporzionati e la necessità di un loro rinnovo in considerazione del mutato quadro normativo.
Interessante è proprio quest’ultimo aspetto: il Garante infatti ha chiarito che non sempre è necessario chiedere la rinnovazione del consenso alle attività promozionali; sarà necessario solo nel caso in cui il Titolare non sia in grado di dimostrare la conformità dei trattamenti svolti rispetto alle novità introdotte dal Regolamento UE 2018/679 e dalla normativa settoriale.
Si pensi ad esempio al contenuto necessario delle informative sul trattamento dei dati: ovvio che un consenso “informato” deve ritenersi validamente espresso fin quando non avvengano sostanziali mutamenti dell’oggetto stesso su cui si fonda la propria manifestazione di volontà dell’interessato.
Il “considerando 171” del GDPR recita: …”Qualora il trattamento si basi sul consenso a norma della direttiva 95/46/CE, non occorre che l'interessato presti nuovamente il suo consenso, se questo è stato espresso secondo modalità conformi alle condizioni del presente regolamento, affinché il titolare del trattamento possa proseguire il trattamento in questione dopo la data di applicazione del presente regolamento…”
Tra l’altro, rispetto ai consensi rilasciati in epoche così risalenti, ci sono da tenere in considerazione tutte le novità settoriali intervenute e normate dall’art. 130 del D.Lgs 196/2003 e la normativa sul registro delle opposizioni.
A fronte di un quadro normativo così mutato, Wind Tre non avrebbe dovuto né conservare e tantomeno usare i dati degli interessati, il cui consenso non poteva che essere ritenuto inefficace.
Altra questione importante affrontata dal Garante riguarda la modalità di raccolta del consenso tramite alcune app utilizzate dai suddetti operatori.
E’ stato constatato che tali applicativi vincolavano l’utente a un’unica accettazione generale delle condizioni contrattuali, dell’informativa privacy nonché di tutte le finalità marketing richieste a consenso.
Non è purtroppo una novità; ancora troppi operatori economici ignorano il principio sancito all’art. 7, c. 2, GDPR (nonché i considerando 42 e 43 del GDPR) in base al quale il consenso dell’interessato deve essere specifico e prestato in maniera chiaramente distinguibile dalle altre materie.
La gestione delle istanze degli interessati e la loro identificazione.
Capita spesso che a fronte di una richiesta fatta ad un operatore economico per esercitare un diritto di opposizione, di rettifica o per revocare un consenso, sia opposta la necessità di identificazione tramite documento di identità da scannerizzare ed inviare per email.
Il provvedimento del Garante fa chiarezza anche su questo punto.
Secondo quanto disposto dall’art. 12 comma 6 del GDPR, “qualora il titolare del trattamento nutra ragionevoli dubbi circa l'identità della persona fisica che presenta la richiesta di cui agli articoli 15 a 21, può richiedere ulteriori informazioni necessarie per confermare l'identità dell'interessato.”
Tale principio, soprattutto per i servizi online, viene maggiormente esplicato dal Considerando 64 secondo cui “Il titolare del trattamento dovrebbe adottare tutte le misure ragionevoli per verificare l’identità di un interessato che chieda l’accesso, in particolare nel contesto di servizi online e di identificativi online. Il titolare del trattamento non dovrebbe conservare dati personali al solo scopo di poter rispondere a potenziali richieste.”
E’ fatto quindi divieto di richiedere informazioni irragionevoli all’interessato in ossequio al principio di stretta necessità nella raccolta e conservazione dei dati.
Rispetto all’identificazione degli interessati che esercitano il diritto di opposizione o revoca al marketing, il Garante ha reputato non conforme ai principi di proporzionalità, necessità e adeguatezza la prassi di pretendere l’invio di un documento di identità da parte dell’utente.
Tre le ragioni a fondamento di tale assunto: a) l’irrisorietà delle conseguenze derivanti dalla mancata corrispondenza tra richiedente e interessato; b) la riconducibilità di una richiesta di revoca del marketing al diretto interessato; c) l’onere del titolare di agevolare il più possibile l’esercizio dei diritti da parte degli interessati, ricavabile dal combinato disposto di cui agli artt. 12, par. 2 e 7, par. 3 del GDPR.
Attenzione però, il ragionamento del Garante, per sua stessa ammissione, non è estensibile ad altre fattispecie relative a richieste di esercizio di diritti da parte degli interessati.
Il controllo dei responsabili e dei sub-responsabili del trattamento designati a norma dell’art. 28 e 29 GDPR da parte del Titolare
Il Garante offre importanti spunti di riflessione anche sul tema delle nomine a responsabili e sub-responsabile ai sensi degli artt. 28 e 29 del GDPR.
Nello specifico, in poche parole, è emerso che la Wind Tre si sarebbe avvalsa di rivenditori autorizzati (designati quali responsabili del trattamento), i quali a loro volta avrebbero svolto la propria attività attraverso una lista di collaboratori (procacciatori) presenti su tutto il territorio nazionale, nei cui confronti si riscontravano operazioni di trattamento illecito di dati, sempre per finalità di marketing, raccolti mediante acquisizione degli indirizzi da parte di un diverso operatore telefonico con modalità non lecite.
Il Garante ha quindi ascritto a responsabilità del Titolare anche la condotta illecita di tali procacciatori, che avrebbero essere designati quali sub-responsabili e sottoposti a misure di controllo, formative e destinatari di istruzioni.
In base al GDPR è fondamentale che da parte del titolare siano svolti controlli stringenti nei confronti dei responsabili, ad es. anche mediante l’utilizzo di checklist od anche tramite audit ed ispezioni ma non è tutto; è importante contenere il rischio di criticità e violazioni da parte dei responsabili attraverso iniziative di formazione verso gli operatori, in modo da sensibilizzarli sulle tematiche inerenti la gestione ed il trattamento dei dati personali, coltivando una sensibilità maggiore verso i diritti degli interessati.
Link ai provvedimenti in commento
https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9435753
https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9435807